Mi chiamo Vox, sono nato e cresciuto in Italia insieme al mio gemello Dan. Ora sono seduto sulla sedia bianca della sua stanza, la velocità è troppo elevata per me, non riesco a parlare, posso solo girarmi e guardarlo. Lui è di fianco a me, seduto sulla sedia azzurra, lo vedo che ride. Vorrei dirgli: “Che cazzo ridi? Basta! Spegni tutto!”. Ma non ci riesco. Dall’altra parte vedo gli oggetti della stanza che sembrano respirare, alcuni addirittura si sollevano. Davanti, invece, un enorme vortice di luci diventa sempre più grande, così grande che mi vengono le vertigini.
Io: “Basta! Spegni!”
Lui mi ascolta, e finalmente quel coso si ferma e io mi sento sbattere contro un muro. Credo di dover vomitare, ma passa subito.
Io: “Sei uno stronzo!”
Dan: “Ma dai! E’ stata una figata”
Io: “Vaffanculo!”
Non ho voglia di discutere, sono agitato. Provo ad alzarmi, ma perdo subito l’equilibrio.
Dan: “Vox! Attento”
Io: “Cazzo!”
Dan viene ad aiutarmi
Io: “Lasciami stare!”
Riesco a rimettermi in piedi.
Io: “Voglio uscire. Dammi una birra per favore”
Dan: “Ma dove vai? C’è la tempesta”
Io: “Vado sugli scogli”
Mi dà la birra e me ne vado. Apro la porta, guardo fuori, è immensa la terra, non c’è niente, c’è solo il pianeta. Vedo la polvere di tempesta schiantarsi sul terreno. Chiudo la porta e mi incammino. Il vento tuona, fa molto freddo.
Dan: “Aspetta!”
Cosa vuole?
Dan: “Aspetta! Vengo anch’io!”
Non mi fermo, ma rallento, e Dan mi raggiunge.
Dan: “Hai visto che roba? Dobbiamo rifarlo! Si può arrivare ben oltre!”
Io: “Tu sei un pazzo Dan”
Dan: “Ma perché? Dobbiamo riprovare!”
Dan è sempre stato un curioso, uno sperimentatore, ma oggi ha superato il limite, anche per me che ne ho fatte di tutti i colori quando ero ragazzo.
Dan: “Senti Vox, l’hai visto anche tu, non è vero? L’hai visto e ti sei spaventato. E’ così?”
E’ tutto grigio davanti, ma conosco la strada per gli scogli. So orientarmi quando devo raggiungere il mare.
Dan: “Vox! Torniamo indietro, non vedi che tempo che c’è?”
Io: “Adesso vieni tu con me! Così siamo pari!”
Dan: “Ma sta arrivando la tempesta!”
Io: “E la tua? Quella di prima? Non era una tempesta?”
Non risponde, ma si allaccia la felpa.
Io: “Tieni”
Gli dò il keeway che tengo sempre nello zaino. Ci fermiamo un momento, lo apre e se lo mette indosso.
Dan: “Non si allaccia”
Io: “Lascia fare a me”
La cerniera è incastrata ma dopo alcuni tentativi, improvvisamente, si sgancia.
Dan: “Ai!”
Io: “Scusa”
E’ un periodo assurdo per me e Dan. Ci siamo trasferiti in questa località isolata del nord perché restare in Italia era diventato troppo pericoloso a causa della scatola che avevamo trovato nel furgone nero, la sera dell’incidente. E’ accaduto l’anno scorso, come al solito Dan aveva bevuto e non c’era stato verso di convincerlo che non era il caso di guidare. E sulla strada del ritorno c’è stato l’incidente: un furgone nero, l’impatto è stato devastante. Non ho idea di quanto tempo sia passato dall’impatto al mio risveglio. Ricordo che i grilli hanno iniziato a cantare tutti quanti nello stesso momento, quando ho aperto gli occhi, e mi sono ritrovato steso in un campo non molto distante da casa nostra.
Dan: “Ehi! Ti sei imbambolato? A cosa pensi?”
Io: “Niente. Muoviamoci, o la tempesta ci sorprenderà”
Ecco gli scogli. Il cielo è grigio chiaro sopra di noi, ma è completamente nero davanti a noi sul mare. E’ la tempesta, si avvicina visibilmente, è molto veloce.
Dan: “Vuoi usare la torcia?”
Io: “Sì”
Dan: “Ma poi come facciamo? Non abbiamo nemmeno chiuso la porta a chiave”
Io: “Ma chi vuoi che entri?”
Dan: “Non so”
Io: “Nessuno Dan”
Ci giriamo indietro e guardiamo la casa nel nulla.
Dan: “Già, nessuno”
La torcia la tengo nella tasca laterale dello zaino. Si tratta di un oggetto molto piccolo, di metallo nero, si tiene in una mano.
Io: “Sei pronto?”
Dan: “Sì”
La punto verso l’alto. La accendo. Guardo Dan, vedo che mi parla ma non sento niente. Non si sente niente quando la torcia è accesa.
Io: “Non sento! Cos’hai detto?”
E’ inutile, nemmeno lui può sentirmi. Mi fa un sorriso, gli rispondo con una linguaccia. Poi guardo
in alto e vedo il buco. La luce della torcia costringe le nuvole ad allontanarsi, e si crea un varco, sempre più grande. Sarà di cinquecento metri adesso. Passo per un momento la torcia a Dan, voglio togliermi lo zaino. E’ immenso il silenzio che c’è. La pioggia non cade sopra di noi. I raggi del sole si mischiano in lontananza con la tempesta e tagliano il mare all’improvviso creando un contrasto di luci viola. Anche i miei occhi sono viola perché non posso smettere di guardare il mare. Molte persone del luogo staranno osservando lo stesso fenomeno e si staranno chiedendo se è naturale.
Poi Dan inizia ad agitarsi, mi sta dicendo qualcosa ma non sento nulla, mi restituisce la torcia e mi fa cenno di spegnerla.
Io: “Che succede?”
Mi giro e vedo che sta arrivando qualcuno. Spengo la torcia e immediatamente il frastuono della tempesta ritorna e mi schiaccia la testa. Porto le mani alle orecchie e la torcia mi cade a terra. Il rumore è così forte che influenza la luce, non vedo più nulla.
Dan: “Attento! La torcia!”
Io: “Dan! Dove sei? Le mie orecchie!”
Dan: “Ci vorrà un minuto Vox, calmati! Tienile chiuse. Il frastuono presto finirà!”
Io: “Come?”
Dan: “Ci vorrà un minuto!”
Tolgo le mani dalle orecchie e il suono mi stordisce. Sto per cadere a terra ma Dan mi afferra al volo. Mi sento debole, mi cade indietro la testa, riporto le mani alle orecchie e vedo le nuvole sopra di noi che chiudono il varco ad una velocità impressionante. Ero bendato ma avevo fatto amicizia con il buio, poi qualcuno mi ha tolto le bende, e ho perso l’equilibrio. Provo a chiudere gli occhi per vedere se il dolore si attenua, ma è uguale. Dan sembra sopportare molto meglio di me questa situazione.
Dan: “Vox cerca di riprenderti, stanno arrivando.”
Io: “Che cosa vorranno?”
Dan: “Non lo so”
Io: “Mi è caduta la torcia Dan, non devono trovarla!”
Dan: “Stai tranquillo, non succederà”
Io: “Siamo nei guai Dan! Non si vede niente!”
Dan: “Ehi! Calmati! Ci penso io”
Io: “Dobbiamo trovarla!”
Dan: “Vox! E’ solo una torcia spenta adesso, hai capito?”
Le poche persone che abitano nelle vicinanze non hanno mai manifestato grande entusiasmo quando io e Dan abbiamo acquistato questo posto. E se ora dovessero scoprire quello che facciamo, saremmo nei guai.
Dan: “Vox! Hai capito?”
Io: “Va bene, ho capito”
Dan: “Tu non dirai niente. Parlerò solo io. Solo io!”
Ora si riesce a vedere chi si sta avvicinando. E’ un agente di polizia e con lui un’altra persona.
Agente: “Che cosa state facendo?”
Guardo Dan, sono terrorizzato. Lui risponde al mio sguardo sottovoce
Dan: “Stai zitto!”
Mi afferra le braccia e mi costringe a togliere le mani dalle orecchie. Così l’aria ghiacciata mi entra dentro, e inizio a sentire una musica che copre tutto. Fisso la direzione del nero, dove ci sono l’agente e l’altra persona, circondati dal nero, che si avvicinano un passo dopo l’altro. L’agente è visibile nella sua forma perché indossa una divisa fluorescente, l’altra persona è un mistero.
Agente: “Dico a voi!”
Dan: “Agente! Stiamo guardando la tempesta”
Agente: “Come?”
Dan: “Stiamo guardando la tempesta!”
L’agente ha la sua luce e la punta contro di me. Mi da fastidio e cerco di bloccarla mettendo la mano davanti. Eccoli, sono qui, sono arrivati, sono davanti a noi. L’agente adesso punta la sua luce in basso. Io guardo verso la sua luce e cerco la torcia, e spero di non trovarla.
Agente: “Siete quelli della baia?”
Dan: “Sì!”
Agente: “Sono Asi! Il capitano della zona!”
Dan: “Piacere! Sono Dan e questo è mio fratello Vox!”
Asi: “Salve Vox!”
Loro gridano ma faccio fatica a sentirli, però capisco cosa succede. Dan mi guarda e aspetta che io stringa la mano all’agente e lo saluti, ma sto tremando dal freddo e dalla paura e non riesco a muovermi.
Asi: “Si sente bene Vox?”
Dan risponde per me
Dan: “Lo scusi! E’ rimasto scioccato!”
Asi: “Venite al comando. Vorrei raccogliere la vostra testimonianza.”
Dan: “Senz’altro!”
L’agente Asi si gira e se ne va. L’altra persona rimane ferma a guardarci, è un ragazzo.
Asi: “Andiamo!”
Ragazzo: “Sì papà”
Si allontanano insieme. Li vedo salire in macchina, fare manovra, andarsene, e scomparire dopo la curva. Io scoppio in lacrime.
Dan: “Smettila di piangere Vox! Dobbiamo recuperare la torcia!”
Io: “Mi dispiace Dan, mi dispiace!”
Non riesco a smettere.
Dan: “Smettila cazzo! Aiutami a cercare la torcia!”
La tempesta è sopra di noi, dovremmo rientrare, dovremmo andare a controllare che tutte le finestre della casa siano ben chiuse, ma la torcia è qui da qualche parte, vicinissima a noi, non possiamo andarcene, domani non avremo la minima idea di dove cercarla.
Dan: “Dobbiamo usare le mani, Vox”
Io: “Ok”
Ci abbassiamo e iniziamo a cercare. Muovo le mani come per accarezzare la terra, ma mi rendo subito conto che così rischio di urtare la torcia senza accorgermene, rischio di spostarla, magari di coprirla con qualche sasso.
Io: “Dan! Non dobbiamo muovere le mani orizzontalmente, ma verticalmente”
Dan: “Che cosa vuoi dire?”
Io: “Dobbiamo toccare il terreno muovendo le mani dall’alto in basso, altrimenti rischiamo di urtare la torcia e spostarla senza accorgercene”
Intanto lui cerca
Dan: “D’accordo Vox, è una buona pensata, ma non serve. L’ho trovata”
Si alza e mi aspetta con la torcia in mano, col braccio teso per restituirmela.
Mi alzo anche io, prendo la torcia e la metto in tasca.
Dan: “Non è meglio che tu la rimetta nello zaino?”
Io: “Hai ragione”
Raccolgo lo zaino.
Io: “Tieni un momento per favore”
Passo lo zaino a Dan, prendo la torcia e la metto al suo posto, nella tasca laterale.
Io: “Ecco, grazie”
Dan mi restituisce lo zaino e in quel preciso momento un lampo illumina l’intera scogliera. Mi giro di scatto per guardare il cielo, e dopo alcuni secondi: lo sparo.
Dan: “Vox! Andiamocene! E’ un temporale enorme quello che sta arrivando”
Dan inizia a correre. Tutto è perfetto in questo momento, perché sono nella mia terra, insieme alla natura che amo, quella estrema, feroce, sono a casa anche se sono lontano dal posto dove sono nato e cresciuto.
Dan: “Vox! Dobbiamo rientrare!”
Io: “Tu vai.”
Dan: “Come?”
Io: “Tu vai! Io arrivo!”
Dan: “Ma la tempesta…”
Io: “Vai! Dan! Vai!”
Si convince e se ne va. Lo vedo allontanarsi di corsa sotto la luce di ghiaccio intermittente. Più avanti c’è la casa, in mezzo al nulla, circondata dal buio, sopra un pianeta deserto, il nostro pianeta deserto.
Quando sono certo che Dan è entrato in casa, mi giro dall’altra parte e mi incammino con lo zaino in mano. Il vento adesso è fortissimo, ho paura che possa sollevarmi e schiantarmi chissà dove. Davanti a me a pochi metri c’è il mare, ma non si vede, però si sente, la sua voce è spaventosa e io provo sulla mia viva carne quella sensazione che potevo solo immaginare quando ero in Italia e guardavo le foto satellitari di posti simili a questo.
Ma ora sono qui davvero, in uno di quei posti estremi che quando li osservavo dalle foto dicevo: “Oddio! E’ bellissimo lì!” e piangevo, perché quel posto era lontano.
Ma ora sono qui davvero, e c’è una tempesta, e nessuno potrà togliermelo questo momento che ha a che fare con la vita autentica!
Io: “Nessuno potrà togliermela questa vita autentica!”
Mentre grido nel vuoto e sfido la furia del mare, sento un rumore nuovo, qualcosa che si avvicina velocemente, qualcosa di enorme. E’ sempre più forte. Mi spavento.
Io: “Aiuto!”
Poi un dolore improvviso, molto forte ma molto breve. Cado a terra e perdo i sensi.
Com’è caldo il buio, il riposo, il silenzio, la serenità, la pace. La mamma mi immerge nell’acqua calda della vasca. Galleggio mentre i disegni sulle mattonelle del bagno si muovono, l’elefante doveva lavarsi i denti e nel tentativo di prendere lo spazzolino ha distrutto la casa e il suo amico topolino lo ha rimproverato. Mi metto a ridere e mi giro verso la mamma, e vedo che lei non ride.
Dan: “Vox! Stai bene?”
Io: “Dan!”
Apro gli occhi. E’ giorno. Sono steso a terra a pancia in sù. Il cielo è pieno di nuvole bianche pacifiche.
Dan: “Cos’hai fatto Vox”
Ci metto un po prima di riuscire a parlare. Mi alzo in piedi.
Io: “Ai!”
Mi fa male la spalla
Io: “Cos’è successo?”
Dan: “Vox! E’ un miracolo che siamo vivi!”
Mi abbraccia fortissimo. Mentre lo fa io guardo la casa, e subito spingo via Dan.
Io: “Ma che cazzo è quello?”
A un paio di chilometri di distanza, in mezzo al campo nero c’è un sottomarino spezzato in due. Entrambi fissiamo la casa, non è più su un pianeta deserto.
Io: “Come fa ad essere lì?”
Dan: “Non lo so. Due ore fa c’è stato un botto. Stavo dormendo. Mi sono alzato e sono andato a vedere se eri nella tua stanza, ma non c’eri. Cos’hai fatto Vox?”
Io: “Io non ho fatto niente Dan, te lo giuro”
Dan: “Questa non è roba naturale”
Io: “No”
Dan: “Perché non sei tornato a casa?”
Io: “C’era la tempesta, volevo guardarla. Vox! Era perfetta! Era come quelle che sognavo in Italia”
Dan non insiste. Io mi asciugo le lacrime.
Io: “Ho bisogno di un caffè”
Dan: “Andiamo a casa”
Dan mi prende per mano e ci incamminiamo verso casa. Vicino a casa c’è un poliziotto, è Asi, lo riconosco quando siamo a pochi metri.
Asi: “State bene?”
Dan: “Sì”
Asi ci guarda. Si vede benissimo la sua meraviglia. La gente ci ha sempre guardati in questo modo. Da bambino non me ne sono mai accorto. Da ragazzo provavo inquietudine. Da adulto mi sono abituato.
Entriamo in casa. Dan chiude a chiave. Io vado dritto nella mia stanza.